L'uomo non sale mai così in alto come quando non sa dove va
Citazione di Oliver Cromwell - p.28 della Relazione sullo stato delle università italiana CRUII giornali di questa settimana hanno giustamente sottolineato i passaggi più 'antigovernativi' della Relazione sullo stato dell'Università del Presidente della CRUI Piero Tosi: la riforma dello stato giuridico della docenza, la 'riforma' della riforma universitaria, lo scarso impegno finanziario dello Stato per la ricerca e la formazione.
La lunga relazione (39 pagine) del Presidente contiene riferimenti interessanti anche (e forse sopratutto) nelle parti più 'generali'. Ci riferiamo al forte 'richiamo' al rinnovamento di mentalità della comunità universitaria; dai processi di autogoverno al ruolo del 'docente/formatore', dal rapporto con la ricerca al ruolo di servizio pubblico.
L’Università sa di dover cambiare assai più nei prossimi dieci anni di quanto abbia fatto nei passati cinquanta, nei quali ha dovuto adattarsi alla massificazione della formazione superiore, ma assai poco ha potuto mutare della sua struttura, dei suoi modelli e dei suoi processi decisionali.
Natura pubblica dell'Università
Forte il richiamo alla natura 'pubblica' dell'istituzione e l'invito ad abbandonare ogni vocazione da 'azienda' e lasciarsi dietro la tentazione - che ogni tanto affiora - di mutare la forma giuridica delle Università, per esempio mutando le Università in Fondazioni.
Parole chiare anche contro altre 'ricette' (in voga - per la verità - in un periodo meno burrascoso nei rapporti con i governi): l'apertura delle Università al "mercato".
Il “prodotto universitario” non può essere assoggettato alla regola, che vale perle merci, del basso costo, se non altro per l’ottima ragione che la qualità del servizio non è indifferente, ma diviene parte costitutiva del servizio. Né lo studente può essere considerato un consumatore in attesa di essere preda di voraci istituzioni universitarie.
La 'retorica' del mercato può essere invece utilizzata nel senso più 'stretto' del termine ossia mercato come metafora. Strumenti adeguati che promuovano forme di competizione e di differenziazione fra gli Atenei, modelli innovativi nella ricerca e nella didattica, diversificazione semplificata e controllata dell’offerta formativa. Il rapporto con le imprese ha un ruolo strategico, senza confuse sovrapposizioni e inutili omologie; il sistema delle imprese deve credere nella Università del proprio paese. Occorrono altri organismi che incoraggino il trasferimento tecnologico, organismi 'terzi' che non siano espressioni diretta dei due 'mondi' (università e impresa).
Democrazia
Una Università che 'parla a se stessa' e - nel contempo - rifugge dall'autoreferenzialità deve per forza di cose intervenire nei meccanismi 'interni' del processo decisionale. I limiti 'intrinseci' del governo dell'Università derivano dalla 'natura' piramidale della comunità universitaria. Un reale coinvolgimento di tutte le altre componenti universitarie (studenti,personale tecnico amministrativo, altri soggetti sociali) può avvenire solo se si riesce a far prevalere la responsabilità sulla rappresentatività.
La valutazione
Il passaggio più delicato (a mio giudizio) della relazione riguarda la cultura della valutazione: rinunciare all'autoreferenzialità e difendere gelosamente la propria autonomia da influenze 'esterne' segna una contraddizione da cui si sfugge solo se si ha la capacità di valutare (e autovalutare) il proprio operato:
La valutazione delle attività del sistema e quindi delle singole sedi universitarie deve essere affidata a una authority “terza” rispetto sia al MIUR che alle Università.
Il punto è che non si possono applicare all'attività di ricerca e di formazione parametri fissi e indiscutibili:
Bisogna sempre tener ben presente che le attività universitarie sono complesse,rifuggono giustamente dalla burocratizzazione, e la loro qualità non può essere misurata solo con qualche parametro di immediata lettura.
Dall'insegnamento all'apprendimento
Tra i tanti obiettivi e inviti a cambiare e a rinnovarsi ce ne è uno che consideriamo tra più 'alti'; il passaggio dall’Università dell’insegnamento a quella dell’apprendimento, cioè alla proprietà da parte dello studente del proprio apprendimento, conquistata con l’interazione, il dibattito, la domanda e l’analisi dei processi e dei contenuti.
Contro il disincanto e lo scetticismo
Il professor Tosi conclude la relazione volendo evidentemente prevenire eventuali commenti scettici e disincantati (scetticismo e disincanto non mancano nelle Università):
Le Università italiane e la Conferenza dei Rettori chiedono al Paese di coltivare, insieme, questo impegno; di dedicare al nostro sistema universitario le più penetranti attenzioni, le migliori energie, le risorse adeguate, in uno sforzo che sia l’espressione vera, convinta, del consenso unanime e delle giuste attese della Comunità nazionale. È un’utopia, questa? “Una mappa del mondo che non comprende il Paese dell’utopia” – scrisse Oscar Wilde – “è indegna finanche di uno sguardo, perché ignora il Paese al quale l’umanità approda continuamente. E quando l’umanità getta le ancore, sta in vedetta, e, scorgendo un Paese migliore, di nuovo fa vela. Il progresso non è altro che l’avverarsi delle utopie”.
La relazione e gli allegati dal sito della CRUI